Terzo e ultimo articolo della miniserie The Fiat War a cura di The Hodling Family.
Un’analisi del delicato rapporto secolare tra la gestione dello strumento monetario e le campagne belliche portate avanti dagli stati di tutto il mondo.
Leggi qui il primo articolo: The Fiat War #1. Il concetto di aggressione
Leggi qui il secondo articolo: The Fiat War #2. I problemi di sicurezza collettiva
Premessa
Negli altri due articoli abbiamo esaminato il legame tra guerra, sistema fiat e inflazione. Abbiamo compreso come la creazione arbitraria di denaro da parte dei governi abbia spesso alimentato conflitti e ha permesso a pochi individui di decidere il destino di intere nazioni senza affrontare direttamente le conseguenze delle loro decisioni.
Abbiamo visto come il sistema fiat, con la sua capacità di inflazionare la valuta, si sia rivelato il metodo perfetto per finanziare guerre a costo zero, trasferendo silenziosamente il peso economico sulle spalle della popolazione.
Nel corso di questa analisi, abbiamo esaminato anche il concetto di “sicurezza collettiva” e come la retorica democratica spesso si scontri con la realtà, con decisioni cruciali come l’entrata in guerra che sfuggono al coinvolgimento diretto della popolazione.
Gli Stati e le guerre
Gli Stati, competendo per il potere e le risorse, possono spesso sfociare in conflitti armati.
La competizione tra gli Stati è radicata nella loro stessa natura, poiché cercano di espandere il controllo sulle risorse. Gli Stati sono entità aggressive che usano la forza per monopolizzare il potere su un territorio.
Lo Stato non è necessario per mantenere la pace e l’ordine nonostante molti credano questo. In una società senza Stato, le persone potrebbero cooperare volontariamente e risolvere i conflitti pacificamente per proteggere le loro proprietà attraverso polizze private, scegliendo coperture adatte alle proprie esigenze. La competizione tra compagnie assicurative stimolerebbe l’efficienza e la riduzione del rischio individuale. In caso di danni, le compagnie pagherebbero il risarcimento. La gestione privata dei rischi e la responsabilità individuale sarebbero incoraggiate, mentre le controversie verrebbero risolte attraverso arbitrati privati.
Dei teorici aggressori sarebbero privi di assicurazione perché considerati ad alto rischio, e limiterebbero i loro obiettivi a proprietà non assicurate per evitare rappresaglie da parte di agenzie di difesa più forti. Le violenze sarebbero mirate e selettive, con agenzie di assicurazione che risponderebbero agli attacchi concentrandosi su luoghi e risorse specifici, cercando di evitare danni collaterali.
In questa prospettiva, la guerra diventa un’eccezione piuttosto che la norma. Senza gli Stati che competono per il potere e le risorse, non ci sarebbe una corsa agli armamenti e alle ostilità. In una società priva di Stato, le risorse sarebbero allocate in modo più pacifico attraverso il free market e la cooperazione volontaria, piuttosto che attraverso la coercizione militare.
In un interessantissimo saggio dal titolo ”The Private Production of Defense”, Hans-Hermann Hoppe spiega molto bene tutte queste dinamiche e fa dei bei confronti tra la società democratica statalista e una società libertaria basata sul diritto della proprietà privata e sul patto di non aggressione.
Ci sono ancora persone che credono che senza lo Stato regnerebbe il caos totale per le strade: violenze, omicidi, vandalismo, un’atmosfera post-apocalittica alla Blade Runner. È un peccato che anni di statalismo ci abbiano condizionato a pensare così. Troppo spesso dimentichiamo che la maggioranza delle persone è buona e aspira a costruirsi un futuro migliore per sé e la propria famiglia.
Pensate davvero che, senza lo Stato, scenderemmo in strada il giorno successivo armati, pronti ad ucciderci e rubare a tutti? Forse qualche folle potrebbe pensarci, ma in una società senza Stato, non andrebbe lontano: verrebbe fermato subito dagli stessi cittadini non più soggiogati da leggi criminali create per non proteggere la proprietà privata.
Lo Stato disprezza e viola il diritto di proprietà privata, che è l’unico vero diritto che dovrebbe essere protetto e rispettato da tutti. Come?
Oltre alla sua esistenza stessa che di per sé rappresenta una minaccia alla proprietà privata, lo Stato ha distrutto il valore del denaro attraverso inflazione e politiche monetarie folli, privandoci della possibilità di risparmiare e aumentando la nostra preferenza temporale, rendendoci simili ad animali. In una società simile, è impossibile pianificare per il futuro, prendersi cura della famiglia e si creano voragini sempre più profonde tra ricchi e poveri, negando agli ultimi la possibilità di fare impresa e creare valore.
Una società civile non necessita dello Stato. Esistono numerose comunità nel mondo in cui lo Stato è quasi assente, se non per richiedere il pizzo. La gente già collabora privatamente con le proprie forze e risorse, come la comunità montana in cui mi trovo attualmente e molte altre in Italia e nel mondo. Ricorda che molte persone in Italia hanno proprietà che sono molto più vecchie della stessa creazione dello stato.
Lo Stato e i confini statali sono costrutti mentali ideati per condizionare le nostre menti e fornire pretesti per azioni orribili come le guerre. Se guardi giù da un aereo, vedi i confini degli stati? Gli unici confini reali in un territorio sono quelli naturali. Prova a immaginare il conflitto in Israele e Palestina senza guardare la cartina o il telegiornale: vedresti solo un territorio abitato da persone in guerra tra loro. Gli stati creano distorsioni e rendono possibili massacri prolungati, cosa impensabile in una società senza stato e con una moneta sana e onesta.
Promuovere la consapevolezza sulla natura dello Stato e le conseguenze delle guerre potrebbe spingere verso una visione più pacifica e libertaria della società.
Il ruolo di Bitcoin contro le guerre
L’uso di tecnologie decentralizzate come Bitcoin può interrompere il finanziamento delle guerre da parte degli Stati attraverso la stampa di denaro, offrendo un’uscita dal sistema fiat controllato dai governi.
Con la sua offerta limitata, fissata a 21 milioni di unità monetarie, Bitcoin protegge il potere d’acquisto di chi lo possiede e promuove una mentalità “low time preference” (bassa preferenza temporale).
Questo significa che le persone sono incoraggiate a pensare e pianificare per il futuro anziché vivere al di sopra delle proprie possibilità o concentrarsi solo sul breve termine. Bitcoin può servire da incentivo per il risparmio e l’accumulo di ricchezza, incoraggiando una mentalità più responsabile.
Questo cambiamento nella mentalità può avere effetti positivi sulla società nel suo insieme, promuovendo la stabilità finanziaria, riducendo l’indebitamento e contribuendo a una maggiore sicurezza economica.
Bitcoin rappresenta un potenziale punto di svolta nella lotta contro le guerre perpetue finanziate dal debito e dall’inflazione. Bitcoin promuove un sistema basato sulla libertà individuale e la cooperazione volontaria, minando il controllo statale.
Una moneta sana e onesta alla base della società, impossibile da ricreare dal nulla per finanziare conflitti armati decisi da qualche burocrate o politico, potrebbe concretamente scoraggiare le guerre, rendendole economicamente insostenibili.
In definitiva, Bitcoin rappresenta non solo una rivoluzione tecnologica finanziaria, ma anche un mezzo per iniziare un profondo cambiamento culturale e finanziario, incoraggiando le persone a pensare a lungo termine e a rivalutare il concetto di valore.
Questo processo ha il potenziale per avere un impatto significativo sulla società e sulla sua relazione con il denaro, la finanza e la pianificazione economica, contribuendo così a limitare il ciclo di guerre finanziate dal debito e dall’inflazione.
Certamente, non affermo che Bitcoin sia la soluzione a tutti i problemi, ma senza dubbio rappresenta un mezzo straordinario che abbiamo per poter rendere il mondo dove viviamo un posto migliore.
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