Terzo articolo della miniserie SOFTWAR: UN NUOVO PROTOCOLLO, a cura di Mateusz Riva.
Un’analisi di alcuni temi (ancora) poco dibattuti all’interno della comunità di bitcoiner: la sicurezza fisica, il ruolo fondamentale che ricopre la “proiezione di potenza” (intesa come imposizione di forza da un soggetto ad un altro), il ruolo delle guerre nella nostra società e di come tecnologie basate sulla POW (Proof of Work) come Bitcoin si inseriscano in questo contesto.
Trovi qui il primo articolo: SOFTWAR #1: un nuovo Protocollo
Trovi qui il secondo articolo: SOFTWAR #2: il dominio nel mondo digitale
DECENTRALIZZAZIONE
Ora trattiamo dell’importanza della decentralizzazione: come si raggiunge la decentralizzazione e che cosa è importante decentralizzare.
Questo protocollo ponte tra mondo digitale e fisico poggia le proprie fondamenta su:
- consumo di energia elettrica, prevedendo un incentivo ad operare in modo onesto (pena la perdita di tutta l’energia utilizzata se i nodi con verifica istantanea e senza costi rigettano le informazioni elaborate);
- presenza distribuita sull’intero globo di questi convertitori di energia elettrica in bits, in modo che non vi sia un unico punto “fisicamente attaccabile” che rischierebbe di compromettere sia l’esistenza del sistema stesso sia la sua indipendenza.
Risulta quindi fondamentale decentralizzare i convertitori di energia elettrica in bits o, meglio, il privilegio di poter “scrivere” all’interno di questo ledger (registro).
Prendiamo ad esempio la Terra. Come fanno gli esseri umani a determinare i confini di controllo di ciascuna giurisdizione? Avrete notato che la terra non ha precisi confini, ma vista dall’alto la terra emersa è un “tutt’uno”.
Il controllo della superficie terrestre è decentralizzato e ciò è dovuto anche al fatto che gli esseri umani hanno perpetuato fin dall’origine della specie l’abitudine a “confrontarsi” in una competizione su scala, prima locale e poi globale, su chi sia il “più potente” per determinare a chi spetti il controllo di quale porzione di terra.
Tale competizione, pur poco desiderabile che sia, è nota come guerra, e non è per nulla differente da quello che fanno due branchi di lupi che si contendono un territorio di caccia.
Ciò che ne scaturisce è quindi la decentralizzazione del controllo delle risorse naturali.
Infatti, non a caso ad oggi non è ancora emerso un unico governo per tutta l’umanità. Ogni volta che un impero o un regime ha cercato di acquisire il controllo su tutte le terre emerse, sono sempre spuntati oppositori interni ed esterni che sfidavano tale potere crescente.
Vale la medesima argomentazione fatta relativamente per l’accesso e il controllo del mare, del cielo, dello spazio, e quindi ritorna la domanda: perché dovrebbe essere diverso il metodo per garantirsi il diritto di accesso e di controllo del mondo digitale?
Perché non dovremmo ingaggiare una competizione globale nel mondo fisico confrontandoci su chi ha la maggiore potenza per assicurarsi il libero ed egalitario accesso al mondo digitale per il controllo dei propri dati e il diritto di scambiarsi liberamente informazioni? (Ricordo che il protocollo Bitcoin non è altro che un sistema di scambio di messaggi di testo registrati su un database).
GUERRA NON LETALE
Se trasferiamo tutti i concetti connessi al controllo delle risorse del mondo fisico al mondo digitale, dove per definizione non vi è massa, per la prima volta abbiamo inventato una forma di “guerra non letale”, una forma di confronto basato su regole del mondo fisico (per chiarirci, ove il copia e incolla non funziona…) ma dove non è necessario togliere la vita a nessuno.
Quindi se Bitcoin è “Softwar” abbiamo trovato il modo per decentralizzare il controllo su preziose risorse del mondo digitale, usando la stessa funzione della guerra, ma senza causare né vittime né danni.
Partendo quindi da energia elettrica del mondo fisico e trasformandola in bits di informazioni digitali, sta poi a ciascuno di noi decidere come utilizzare i propri bits. Questi bits di informazioni possono rappresentare qualsiasi cosa, includendo ma non limitandosi a: “bits di informazioni finanziarie”.
Se vuoi chiamare questi bits “informazione finanziaria” e dare il nome a questo protocollo in onore del primo suo utilizzo concreto, certo puoi farlo, chiamalo Bit-Coin.
Ecco una citazione curiosa:
Gli aeroplani sono dei giocattoli interessanti, ma di nessun valore dal punto di vista militare.
Ferdinand Foch (comandante WWI)
Con il “senno del poi”, 100 anni dopo, possiamo farci una risata e renderci conto di quanto pessime possano essere valutazioni affrettate e sommarie su nuove tecnologie e sul loro potenziale impiego in campo militare. E se oggi ci fossero già presenti intorno a noi tecnologie a cui noi ci approcciamo con il medesimo erroneo presupposto?
E se anche commettessimo il medesimo errore del Gen. Foch nel valutare la criticità di nuove tecnologie dal punto di vista della sicurezza militare nazionale?
È proprio quello che ci suggerisce il Maggiore Lowery nei confronti di Bitcoin dove, al posto di considerarlo come “solo” una nuova forma di denaro, sarebbe più corretto descriverlo in termini di una nuova tecnologia per la guerra cibernetica con un ruolo critico dal punto di vista della Sicurezza Nazionale.
Sembra una pazzia vero?
Bitcoin è una tecnologia interessante, ma senza nessun valore dal punto di vista militare, corretto? Suona familiare?
IL PROTOCOLLO GUERRA E LE SUE REGOLE
Il protocollo prescelto dalla Natura per determinare a chi spetti il controllo delle risorse, le gerarchie organizzative inter e intra specie è il confronto basato sulla potenza fisica, intesa come W (Watt) di potenza che ciascun organismo è in grado di sprigionare. Questo confronto determina la sopravvivenza degli individui che hanno maggiori probabilità di dare continuità alla specie, pregiandosi quindi del diritto (auto acquisito) di “prendersi con la forza” ciò che reputano abbia per loro valore.
Ci si rende subito conto di un potenziale rischio nell’esercizio di tale protocollo.
Se infatti ogni confronto/conflitto per determinare a chi spetti il controllo delle risorse – sia interno a ciascun gruppo di individui che esterno verso altri individui della medesima specie – si trasformasse in un duello all’ultimo sangue, la medesima specie rischierebbe di auto estinguersi.
Deve esserci in altre parole un certo “equilibrio”, ovvero il confronto non deve essere eccessivamente letale per non compromettere la sopravvivenza della specie, pena l’estinzione.
L’esercizio di questo protocollo per determinare a chi spetti il controllo delle risorse è faticoso ed estenuante.
Facile pensare ad un branco di lupi, costantemente in tensione interna con sfide al capobranco da parte dei nuovi giovani, e sfide da parte di branchi esterni che magari vogliono un terreno di caccia più ampio per avere maggiore disponibilità di cibo.
Tali confronti possono avvenire a distanza, ovvero mettendo in mostra le caratteristiche fisiche, e la potenza degli ululati come “deterrenti” o avvenire come diretto scontro fisico tra due individui o due gruppi di individui.
Solitamente tali scontri fisici portano ferite, ma gli incidenti mortali tendono ad essere più rari, come se lo “scontro” servisse solo a dimostrare chi è il più forte, e la morte dell’avversario fosse in effetti solamente un danno (pur spiacevole) collaterale.
Le corna di camosci e stambecchi o ai palchi dei cervi potrebbero essere un evidente manifestazione fisica di tale protocollo che consente di determinare in modo non letale a chi spetti il controllo delle risorse. Tali strumenti, infatti, oltre che per difesa personale nei confronti di predatori, non sono altro che uno strumento utilizzato per dirimere i conflitti e le dispute all’interno della medesima specie, determinando sia il diritto sul controllo del territorio che per l’accoppiamento.
Le corna, costituite di dura cheratina, e i crani rinforzati degli stambecchi sono perfetti per darsi poderose testate “in tutta sicurezza”, determinando in modo non letale il più potente dei contendenti. Chiaro, incidenti possono capitare, cadere in un dirupo dopo un colpo non letale è un effetto collaterale.
I palchi dei cervi costituiti da tessuto osseo sono sia ottimi per essere utilizzati come arma contro potenziali predatori di specie differenti, sia perfetti per intricarsi l’un l’altro al fine di determinare l’ordine gerarchico all’interno della stessa specie in modo non letale (o comunque molto meno letale rispetto a quando utilizzati contro altre specie). Agganciarsi tramite i palchi consente ai cervi maschi di risolvere le proprie dispute verificando chi è più potente, spingendo all’indietro l’avversario. Da notare che non sono taglienti ma arrotondati (se la Natura avesse voluto che questi fossero taglienti probabilmente lo sarebbero stati).
Chiaro, qualcosa può sempre andare storto: se i palchi si serrano eccessivamente, i due contendenti non riescono più a divincolarsi l’un l’alto e finiscono per morire entrambe di stenti, un evidente danno collaterale dell’utilizzo di questo protocollo non letale.
Senza queste considerazioni a primo impatto i palchi dei cervi potrebbero sembrare un enorme spreco di energia: perché sprecare così tanta energia per crescerli? Perché sprecare così tanta energia nel portarsi dietro una struttura così pesante? Qual è il motivo che ha spinto l’evoluzione a realizzare un “prodotto così energeticamente inefficiente”?
Sarebbe davvero un peccato condannare i cervi per questo spreco energetico.
I cervi ci mostrano una possibile strada per continuare ad ingaggiare in confronti basati sulla potenza fisica, ma nel modo più sicuro e meno letale possibile: l’utilizzo di energia per fini nobili come prevenire l’uccisione di individui all’interno della stessa specie e preservare di conseguenza la vita.
Non a caso, la copertina del libro Softwar di Jason Lowery riporta l’immagine di un palco di un cervo.
Anche gli esseri umani hanno da sempre utilizzato il protocollo del confronto basato sulla potenza fisica come algoritmo per dirimere contenziosi non appianabili diversamente o, nel peggiore dei casi, utilizzando il confronto fisico per depredare altri gruppi di individui delle proprie risorse mediante veri e propri atti di guerra mirati alla conquista.
L’evoluzione tecnologica non ha fatto altro che incrementare la potenza che ciascun individuo era in grado di esercitare sull’altro. Partendo dalle armi bianche, la cui potenza è direttamente connessa a quella dell’uomo che le maneggia, passando poi all’utilizzo della polvere da sparo, l’invenzione di macchine da guerra, fino ad arrivare ai moderni sistemi missilistici e alle armi atomiche.
L’esercito e gli armamenti non sono altro che un’esternalizzazione e potenziamento degli artigli e dei canini di un lupo. Sono in primo luogo strumenti di deterrenza, che segnalano ad un potenziale aggressore che nel caso si avvicini per depredarlo vi è un significativo/proibitivo costo che dovrà sostenere prima di potersi appropriare dei propri beni.
Da questo punto di vista anche le armi atomiche sono tanto efficienti nell’aumentare la potenza che possiamo proiettare (piccolo volume ma grandissima potenza liberata), quanto sono altrettanto inefficienti per dirimere contenziosi sul controllo delle risorse. Infatti, non sono altro che un potentissimo quanto pericolosissimo (per entrambe le parti) deterrente che costringe i contendenti ad una pace forzosa sotto la minaccia di un’autodistruzione reciproca.
Visto che un attacco porterebbe all’annientamento di entrambe i contendenti (proibitivo costo di attacco), dal punto di vista degli incentivi è meglio cooperare, o al limite evitare ogni interazione: esattamente all’inverso rispetto alla cooperazione dove entrambe le parti ne hanno un beneficio, con un olocausto atomico i contendenti hanno tutto da perdere.
La specie umana è diventata quella potenzialmente più distruttiva di tutte le altre specie nello stabilire a chi spetti il controllo delle risorse esattamente allo stesso tempo in cui ambisce ad eliminare la competizione basata sul confronto fisico.
E se bitcoin fosse la versione umana dei palchi dei cervi che ci consente di competere (almeno in parte) per il controllo delle risorse utilizzando potenza fisica ma allo stesso tempo riducendo la necessità di scontri fisici diretti e possibilmente allontanando il rischio di auto annientamento reciproco?
UN ESEMPIO ATTUALE
Lascio una domanda per stimolare la riflessione.
La Russia avrebbe invaso l’Ucraina se questa avesse avuto le armi atomiche?
NOTA: a valle dello scioglimento dell’Unione Sovietica, l’Ucraina era uno degli stati con il maggior numero di armi atomiche, subito dopo Russia e Stati Uniti. Tali armi, con l’accordo internazionale “Memorandum di Budapest“ del 1994 sono state cedute alla Russia, in cambio di garanzia di protezione da parte degli USA, Inghilterra e perfino dalla stessa Russia.
Probabilmente la minaccia di un olocausto nucleare non avrebbe portato alla guerra in corso. Si tratta solo di una supposizione, ma gli incentivi per entrambe le parti sarebbero stati quelli di mantenere una pace forzata pena l’autoannientamento di entrambe i contendenti.
Da notare anche che nessuna delle due parti (alleati compresi) utilizza le armi atomiche in modo attivo, ma come per convenzione, o forse per implicita convenienza reciproca, si combatte una guerra utilizzando armi che arrivano solo ad una certa soglia di potenza, ed in prevalenza, si combatte praticamente corpo a corpo, scavando trincee nel fango. Se aggiungessimo i droni allo scenario della prima guerra mondiale di 100 anni fa non andremmo lontano da quanto stà avvenendo oggi: ogni metro di terra è pagato con una vita.
Le armi atomiche hanno creato uno stallo tale per cui per risolvere i contenziosi è ancora necessario tornare allo scontro corpo a corpo.
Quanto discusso potrebbe indurre a pensare che ora tutti i conflitti possano essere combattuti virtualmente mediante competizione sulla potenza elettrica per il controllo delle risorse, ma purtroppo non è così. Tale competizione elettrica è riservata al controllo del dominio digitale e dovremo comunque continuare a preoccuparci anche di sicurezza fisica.
La Russia non aveva promesso di proteggere l’indipendenza e la sovranità dell’Ucraina?
Collaborare e negoziare si fondano sulla fiducia che tutte le parti rispettino gli accordi presi. Tuttavia, se anche uno solo dei tanti partecipanti, anche in futuro decidesse di non operare secondo le regole e di presentarsi armato ai confini del territorio sovrano, cosa succederebbe? La storia insegna.
Quindi, pur non potendo rinunciare completamente a mantenere un elevato Ca, in un mondo dove il denaro non è controllato da nessun ente centrale e viene incentivata la cooperazione onesta, gli atti ostili dovrebbero tendenzialmente ridursi, anche tenendo conto del fatto che almeno il valore protetto da questo muro inviolabile di energia crittografata non potrà essere depredato (a differenza dei beni materiali). Certamente l’aggressore non potrebbe prendersi con la forza i bitcoin accumulati da una popolazione. Quelli sono inconfiscabili, ma potrebbe sempre prendersi il territorio e tutte le risorse che esso contiene se non venisse protetto e difeso da un alto costo di attacco in campo militare.
Quali sono le caratteristiche e le novità introdotte da un protocollo di questo tipo?
Ne parliamo meglio nel prossimo e ultimo articolo.
Stay Tuned!
[To be continued…]
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