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LA BANCA CENTRALE EUROPEA E’ IN TRAPPOLA

Andrea Marini
10 Settembre 2022

Molte tra le più grandi banche centrali al mondo sono intrappolate in una situazione che esse stesse hanno creato. Tra queste, la US Federal Reserve, la Bank of Japan, la Banca Centrale Europea ed altre.

Tuttavia, la Banca Centrale Europea è probabilmente nella peggiore delle situazioni, come emerge anche da una recente intervista alla presidente della BCE, Christine Lagarde, dove un giornalista le chiede, mentre le viene mostrato questo grafico su di uno schermo:

How will you get the balance sheet down?” [“Come farete a ridurre il bilancio?”]

E lei rispose: “It will come. It will come. In due, corse, it will come.” [“Scenderà. Scenderà. A tempo debito, scenderà.”]

Il giornalista fece una pausa, confuso, e poi chiese: “…how?” [“…come?”]

E lei rispose, sorridendo: “In due corse, it will come.” [“A tempo debito, scenderà.”]

Non ci fu alcuna risposta, alcuna descrizione o chiarificazione, la domanda venne evitata completamente.

Questo perché, come per molte banche centrali, non c’è nessun piano, né ce ne sarà mai uno. Il debito pubblico verrà monetizzato tramite creazione di nuova moneta in qualunque misura sarà necessario, altrimenti i paesi originari di questo debito collasseranno. Per la BCE sarà però particolarmente difficile, perché la monetizzazione del debito pubblico dovrà essere eseguita seguendo un doppio standard, con il debito di paesi specifici acquistato in misura maggiore di altri paesi. Inoltre, la BCE ha di fronte a sé un altro ostacolo, e cioè il dover operare all’interno di un’unione monetaria, senza un’unione fiscale.

Gli Stati Uniti possono unilateralmente stampare dollari. Il Giappone può fare lo stesso con gli yen. I governi di questi ed altri paesi sono in grado di influenzare fortemente le decisioni prese dalle rispettive banche centrali. Ma l’Italia, ad esempio, non può unilateralmente stampare euro né tantomeno spingere la BCE a farlo.

Ad un primo sguardo questo può non sembrare tanto diverso degli stati che compongono gli Stati Uniti. Il Texas, la California o lo stato di New York non possono stampare dollari. Quindi perché questo sarebbe un problema se applicato all’area euro?

La differenza è che gli stati degli Stati Uniti condividono tutti la stessa politica fiscale, un governo centrale che può direzionare la spesa pubblica in modo unilaterale. Esistono al di sotto di un’unione sia monetaria, che fiscale. L’area euro può vantare la prima, ma non la seconda.

La mancanza di unione fiscale ha portato in ultima analisi ad una differenza di debito tra i paesi dell’eurozona.

Qui sotto sono riportati i 5 stati più produttivi in termini di PIL negli Stati Uniti, con il rispettivo rapporto tra debito pubblico dello stato e PIL prodotto dallo stato:

  • California: 5%
  • Texas: 3%
  • New York: 8%
  • Florida: 3%
  • Illinois: 7%

Mentre questi sono i 5 stati più produttivi in termini di PIL nell’eurozona, con il relativo rapporto tra debito pubblico e PIL:

  • Germania: 70%
  • Franca: 113%
  • Italia: 151%
  • Spagna: 118%
  • Paesi Bassi: 52%

La differenza tra i due casi è enorme. Negli US, il debito pubblico degli stati è principalmente detenuto dal governo federale centrale invece che dai singoli stati, mentre in Europa, il debito pubblico è detenuto dagli stati individualmente, senza però il contrappeso di banche centrali individuali con il potere unilaterale di creare moneta.

Il risultato di ciò è che gli stati americani non hanno bisogno della monetizzazione del debito da parte della Federal Reserve per rimanere solventi. Diversi paesi europei, tuttavia, hanno bisogno di una monetizzazione del debito costante da parte della Banca Centrale Europea per rimanere solvibili, anno dopo anno. E per estensione, ciò intacca anche l’intero settore bancario commerciale.

Sia chiaro, anche gli Stati Uniti hanno una serie di problemi. Diversamente dall’Europa, gli Stati Uniti hanno un deficit commerciale strutturale da decenni, e lo stesso vale per quanto riguarda gli investimenti, dove il bilancio tra capitali investiti dal resto del mondo negli US e capitali investiti dagli US nel resto del mondo, è profondamente negativo. Gli stati Uniti sono inoltre molto più “finanziarizzati” dell’Europa, con uno stock market talmente grande da influenzare l’economia invece che l’opposto. Gli US sono fortemente orientati ad una economia del consumo e sovra-consumo, e l’educazione, sanità e sicurezza pubblica versano in uno stato quasi da paese in via di sviluppo.

Ma per quanto riguarda la capacità di fermare (almeno temporaneamente) la monetizzazione del debito pubblico, la BCE si ritrova nella peggiore delle situazioni se comparata con le altre banche centrali.

Nel grafico sopra si può vedere quali entità possiedono il debito pubblico italiano, in termini percentuali del PIL. Come è evidente, dal 2015-2016 il principale e quasi unico compratore del debito pubblico italiano è stata proprio la BCE. Il mercato vede un paese, l’Italia, che di fatto è da diversi anni che non trova un compratore del suo debito pubblico, al di fuori della Banca Centrale Europea. Come è mostrato dal continuo incremento dell’altezza delle barre azzurre, cioè gli acquisti della BCE, contro la stabilità o addirittura decrescita dei compratori domestici (aziende e risparmiatori italiani, barre viola) o esteri (barre rosse).

Nel lungo termine, è difficile immaginare come un investitore possa volere investire in uno qualunque dei paesi dell’area euro. Specialmente per quanto riguarda alcuni paesi dell’Europa mediterranea.

Lo stesso vale per gli Stati Uniti, il Giappone ed altri paesi, ma nel caso dell’Europa l’euro porta con sé dei rischi aggiuntivi, specialmente ora che il mercato dell’energia è fortemente sotto stress. Con la quasi impossibilità da parte della BCE di fermare gli acquisti di debiti pubblici europei, è solo questione di tempo prima che l’attuale inflazione degeneri, scivolando nell’iperinflazione.

Fortunatamente una via di fuga da tutto questo esiste, e si chiama Bitcoin. Una moneta nata proprio in risposta alla tossicità del nostro sistema economico finanziario, che, dopo oltre un secolo di vita, sta finalmente giungendo al termine.

 

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Andrea Marini

Data-scientist ed esperto di economia e finanza.

Studioso di Bitcoin dal 2018.

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